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Chi Sono

Nasce tutto da questo quadro: LOCKDOWN. Nato dall’esigenza di esternare tutto il disagio portato dalla pandemia che ha causato lutti e disagi. E’ da qui che Georgia Hill Hilton si riscopre provvista di un talento artistico che le giunge da lontano e che le scorre nelle vene.

Georgia dipinge ed ogni volta rinnova lo stupore di veder emergere sulla grande tela bianca le immagini che raccontano come in un confessionale, le sue forti emozioni. Il cavalletto l’aspetta al risveglio, nella luce argentea delle primissime ore del mattino, sulla bella terrazza coperta che, grazie a sapienti apertura, le permette di scrutare il cielo. Ed è la sua attrazione per lo spazio dove tutto si muove che le fa collocare la luna tra i temi preferiti ella sua pittura.

Anche perché una come lei incline ai cambiamenti, fossero pure quelli di mutare l’aspetto di una stanza, non poteva non avvertire la vicinanza ad un pianeta che in continua trasformazione, offre ogni volta, diverse versioni di sé stesso.

Ma la luna di Georgia è speciale perché privata dai vincoli romantici e dalla bianca purezza già contestata dai futuristi che si scagliarono contro il “chiaro di luna”, risulta grintosa, tosta, pugnace. Una combattente del cielo che trasmette messaggi diversi da quelli che vengono attribuiti dall’espressioni falsamente poetiche che seppur passatiste continuano a rimpolpare i luoghi comuni. La sua luna trasmette messaggi di forza, di incitamento a farsi largo nello spazio che rivendica prepotentemente, non permettendo agli altri pianeti di defraudarla. Difende il suo ruolo nel cielo, così piena com’è, col suo volume possente. È una luna che non si fa certo velare dalle nuvole, in virtù delle sfumature dai colori tempestosi che l’attraversano. Un complesso di tinte inconsuete creato dall’autrice che vanno dall’amato grigio, all’ocra, al nero, al bianco, al bordeaux mettendo in evidenza anche il lato indecifrabile, enigmatico dell’astro. Inducono a pensare a quel lato oscuro che “la luna non mostra mai a nessuno”, per dirla come Mark Twain secondo il quale “Ognuno di noi è una luna”.

Si potrebbe dire che l’astro di Georgia coi suoi messaggi cifrati è in realtà una autentica provocazione. Una luna rabbuiata che “ha le lune” perché sa cosa significa essere umani, “insicuri, soli, butterati dalle imperfezioni” ma che è pronta a difendere la sua identità e il suo spazio nel cosmo. La luna del resto non scompare mai dal cielo perché in effetti si fa riconoscere sia col buio che con la luce, ed è per questo che Georgia, fedele al motto “Ricomincio da me”, ha collocato il suo pianeta da combattimento, racchiuso in una cornice, sulla parete davanti al letto per poter aprire gli occhi su di lui, padrino della sua pittura. È il punto di partenza che ha raccolto quel favore indispensabile a chi pratica l’arte.

Così vista la richiesta, è in corso la moltiplicazione delle lune di Georgia. Dall’astro che non si arrende alle figure inventate che fanno fatica ad uscire dal velo nebbioso color grigio perla, dai labirinti che invocano il filo di Arianna agli occhi che scrutano sotto il palpito delle vistose ciglia, la pittura di Georgia che proietta sulla tela, con colpi pennello densi e pastosi, visioni interiori di cui solo le ha la chiave, è in realtà è una favola misteriosa.

Emozioni, quante emozioni, belle e brutte che la pittrice ha rinchiuso dentro di sé ma che forzando la cassaforte scappano per liberarsi sulla tela. È là che muoiono i fantasmi. È il potere salvifico dell’arte. Ma non chiedete mai a Georgia di raccontarsi perché lei non vuole volgere lo sguardo all’indietro, a quel che è stato. E quindi narrarsi. Guarda avanti iniziando ogni giorno da una tela bianca, come fosse il primo giorno della vita, spogliata dai ricordi, di quell’involucro di memorie che potrebbero sbarrarle in nuovo cammino. Un percorso che spazia dai dipinti al design che è il suo parco giochi, la sua riserva di allegria in cui la creatività di questa giovane donna si sbizzarrisce gioiosamente in composizioni a sorpresa dove l’arte povera si mescola alla pop art.

È una Georgia che si diverte a far nascere originali pannelli e poiché l’adulto, a differenza del bambino, deve mutare continuamente i propri giochi per divertirsi, ecco che dalle scatole vuote di sigarette messe in fila ed attaccate sopra la scritta “No Smoke”, si passa ai tappi di sughero che si illuminano insieme al nome di una persona, in virtù di una lampadina che fuoriesce da una bottiglia di champagne. Composizioni in cui il gioco di allineare sopra la scritta “No Smoke” delle scatole vuote di sigarette che evidentemente sono state già fumate, evidenziano quel sottile umorismo che in Georgia è spiccato. È il suo lato solare, la sua corrente di allegria, perché per ogni luna c’è un luminoso sole.

Lei che ama cambiare spaziando nella produzione artistica, oltre a mettere a profitto gli studi di grafica, si rifugia spesso nella pittura di quadri astratti che hanno forme accattivanti e composizioni innovative. Nel suo eclettismo si è specializzata anche nella cura dello spazio da ricavare nei più svariati ambienti nonché nell’arredamento degli stessi, memore dei corsi di trompe oeil seguiti nell’Accademia Romana di Roberto Lucifero.

Sono molteplici le creazioni di questa giovane donna che si firma solo così, col semplice nome Georgia che campeggia sulla targa della porta di casa. Un attico dove regna sovrano l’ordine, la cura del particolare. Un decoro minimalista dal quale sono esclusi ritratti e fotografie, le sue, rievocanti le imprese sportive adolescenziali, i tanti viaggi che ha fatto, i personaggi di gran nome che ha conosciuto. Niente foto rievocative del tempo che fu per una Georgia proiettata nel futuro. Non c’è traccia fotografica nemmeno dei cari amici o di familiari le cui professionalità potrebbero avvantaggiare notevolmente, se le volesse, (ma non vuole) un suo curriculum conforme alle regole e quindi conformista, in quanto non capita a tanti di essere nata e cresciuta in un contesto di artisti, dove il culto dell’immagine è sempre stato di casa. Nella rete parentale di Georgia spicca infatti Gennaro Righelli, il regista e sceneggiatore attivo fin dall’epoca del cinema muto e poi del sonoro. Suo il primo film sonoro italiano “La canzone dell’amore” del 1930 con Vittorio De Sica e Anna Magnani, gli zii Luciano Martino, produttore di oltre 100 film, il regista Sergio Martino, il regista e sceneggiatore Michele Massimo Tarantini che in Brasile, dove vive, ha costruito nella sua “fazenda” una Cappella dipingendo interamente le pareti con la vita di Gesù, dalla nascita alla Resurrezione. Si tratta del fratello della madre di Georgia, Maria Teresa Tarantini, un’affascinante signora che si è distinta per la sua poliedrica attività di press-agent, di creatrice di eventi, di scopritrice e curatrice di talenti, tanto che si porta dietro la definizione di “Idea maker di idee” che dette di lei Ben Gazzara. Per non dire del Padre di Georgia, George Hilton, il bellissimo uruguaiano, dal fascino tenebroso, che trapiantato in Italia divenne un’icona dei film “spaghetti western”, proseguendo poi nella fortunata carriera con pellicole di genere poliziesco, avventuroso e giallo.

L’anno scorso, dopo la sua scomparsa, Carlotta Bolognini inserì il “Premio George Hilton” nella rassegna “Gli anni d’oro del cinema italiano” da lei organizzata, per celebrare una “seratissima”, svoltasi alla Casina di Macchia Madama, l’indimenticabile pistolero del west “Alleluja” e con lui coloro che gli sono stati al fianco nelle numerose pellicole, da Franco Nero, Van Heflin, Salvo Randone, Klaus Kinsky, Gianni Garko a Carrol Baker, Florinda Bolkan, Sandra Milo, Edwige Fenech e finanche Soraya, l’ex Imperatrice prestata per poco (per fortuna) al cinema.

Celebrativo della carriera di George Hilton anche il documentario intitolato: “Il mondo è degli audaci”, ideato e prodotto dal regista brasiliano Daniel Camargo che con gran successo è stato proiettato al Festival di Almeria – Casa Mei e nei Paesi dell’America Latina dove la riproposizione dei film western degli “Anni d’oro” ha accresciuto la già larga popolarità dell’interprete di “Tressette”. C’è dunque un mondo di artisti nel DNA di Georgia.

A Montevideo dove si reca spesso per incontrare i cugini uruguaiani, è vivo il ricordo del nonno di suo padre appartenente ad una famiglia importante del luogo, il quale, amante dell’arte, si era specializzato nel riprodurre le opere dei grandi pittori, in particolare Velaquez.

Si può dire che l’uso della tavolozza, della tela e del pennello le discende “Per li rami”. Ma lei non vuol sentirsi una figlia d’arte. Il suo percorso lo sta compiendo arditamente da sola con il suo motto “Comincio da me”.

 

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